Educazione permanente & rete

di antonio limonciello limant@fr.flashnet.it

 

 

"Se possibile, tutte le scuole medie tecniche e tutte le scuole tecniche superiori dovrebbero allestire officine...... Tutte le scuole agrarie, oltre a svolgere il lavoro nelle proprie fattorie, possono firmare contratti con cooperative agricole per partecipare alle loro attività . I loro insegnanti dovrebbero essere inviati nelle cooperative, in modo da poter unire la teoria alla pratica.... Le cooperative dovrebbero esortare i loro membri più qualificati a studiare presso le scuole agrarie"

febbraio 1958

"In futuro le scuole dovranno avere le fabbriche e le fabbriche le scuole" agosto 1958

 

Così si esprimeva Mao Tze Dong. Poi negli anni '60, questi concetti trovarono una loro realizzazione nella rivoluzione culturale. Di quella esperienza in Italia si diffuse un'ipotesi di educazione permanente che si sintetizzava con lo slogan metà studio metà lavoro

La proposta del presidente Mao aveva un obiettivo non molto lontano da quello di tutti i governi del mondo: aumentare la produzione, realizzare un salto economico senza il quale non era possibile nessuna politica di miglioramento delle condizioni di vita. La storia di quella rivoluzione è ancora da scrivere, anche se il potere successivo di Deng Tsiao Ping, lo sconfitto di quegli anni, ci ha fatto sapere che invece di realizzare un poderoso salto in avanti, la rivoluzione culturale distrusse l'economia, riempì i campi di rieducazione, rese ignorante intere generazioni di cinesi.

Per i giovani europei di allora l'aspetto economico era irrilevante, si preferiva sottolineare soprattutto l'unità dei lavoratori e degli studenti su un obiettivo comune: cambiare la condizione oggettiva della vita di entrambi.

Più cultura più potere, diritto allo studio per tutti, questo lo slogan che rimase negli anni immediatamente successivi. Il movimento sindacale, allora molto sensibile alla rappresentazione dei movimenti di massa tradusse lo slogan sessantottino nell'accordo contrattuale dei metalmeccanici del '72 sulle 150 ore. Le altre categorie, come sempre avveniva allora, riproposero la stessa strada.

Cosa furono le 150 e soprattutto cosa volevano essere.

Intanto si riconosceva che una parte delle ore di lavoro potevano essere dedicate allo studio. Queste ore, 150 in un anno e per una percentuale limitata degli addetti al lavoro (3%?), erano richieste ed ottenute per consentire il recupero dell'obbligo scolastico, per frequentare scuole secondarie e Università. Si ottenevano 150 ore di riduzione delle ore lavorative con salario invariato a condizione che il lavoratore si impegnasse a frequentare corsi di almeno 300 ore di lezioni. La natura degli studi era libera e totalmente svincolata dalla professione che si svolgeva. Insomma era chiaro che il lavoratore poteva studiare quello che voleva.

Ricordo che nel dibattito fu coinvolto tutto il modo della cultura. Allora succedeva che una rivista sindacale come Consigli, della Federazione Lavoratori Metalmeccanici, discutesse della cultura del paese e si facesse carico dei problemi della scuola e della formazione di tutti i cittadini. Su quelle pagine si discuteva se lo studio dovesse servire a migliorare le proprie condizioni di lavoro, ovvero per fare carriera, oppure dovesse servire a migliorare la qualità della vita, eliminare l'analfabetismo di ritorno, elevare la propria capacità di presa sul mondo, la propria soggettività. Succedeva in quegli anni di proclamare lo sciopero generale per la scuola, per il diritto allo studio, il diritto di partecipazione democratica alla gestione del sistema scolastico.

 

Prevalse l'ipotesi del diritto allo studio come diritto inalienabile del cittadino ad elevare la propria cultura per tutta la vita. Nacquero le varie leggi regionali e nazionali sul diritto allo studio, sull'inserimento dell'handicap, fino ad arrivare alle nuove concezioni del diritto di cittadinanza degli anni ottanta, cioè il diritto ad avere pari opportunità formativa, ovvero non basta aver il diritto di accesso allo studio, ma si deve realizzare il diritto al raggiungimento di obiettivi non formali ma sostanziali. Le 150 ore col passare degli anni divennero il primo strumento di educazione permanente a disposizione di tutti i lavoratori, compresi gli stessi insegnanti ma come tutte le cose belle che si conquistato in Italia anche questo strumento divennero un guscio vuoto e completamente fuori dalle intenzioni originali. Ma quando si parla di educazione permanente io credo che si debba ripartire da lì e porci le domande di base:

Educazione permanente per quali fini ?

Educazione permanente per chi ?

Educazione permanente con quali mezzi ?

Prima di rispondere a queste domande vorrei presentare :

 

 

 

 

L'educazione dell'uomo cittadino e l'educazione dell'uomo "risorsa"

 

Cito testualmente dalle finalità del riordino dei cicli formativi presentato dal ministro Berlinguer

"Il problema della cultura, dell'istruzione e della formazione, oggi è come e con quali strumenti ottenere un'alta qualità delle risorse umane ....." con la consapevolezza che queste sono necessarie:

a) come elemento di governo dei fenomeni del cambiamento e della complessità generati dalla mondializzazione dell'economia e dei mercati, dalle innovazioni scientifiche e tecnologiche, dal penetrante ruolo dell'informazione, dalle trasformazioni sociali e culturali;

b) come strumento per sostenere la crescita economica e la competizione a fronte di uguali livelli di investimento."

 

 

Nella Costituzione, nella riforma della scuola media del '62, nella premessa ai programmi del '79 della scuola media, nella riforma delle elementari del '90 e persino nella premessa ai programmi elaborati dalla commissione Brocca, si dice che: "il fine generale di tutte le scuole di ogni grado e ordine e' la formazione dell'uomo e del cittadino".

Quindi, dalla formazione dell'uomo "integrale" alla formazione dell'uomo "risorsa". Lo stato non si occuperà più della formazione dell'uomo e del cittadino, si preoccuperà in particolar modo di una delle dimensioni umane.

Perché tutto questo ?

Perché non possiamo più permettercelo economicamente ?

Perché in questo modo lo stato lascia più libertà al cittadino ?

Perché altre istituzioni sociali assolveranno compiti che prima erano della scuola ?

Perché si è preso atto che la scuola non può svolgere il ruolo che la Costituzione aveva assegnato?

Tutto questo deve essere valutato attentamente.

 

Se la finalità della scuola è ottenere un'alta qualità delle risorse umane, a maggior ragione la tendenza si accentuerà per l'educazione permanente.

Fondamentalmente le iniziative di educazione permanente che si sono consolidate negli ultimi anni si rivolgono ad aspetti legati alle nuove tecnologie e alle ricadute culturali nel campo economico produttivo.

Non dobbiamo lamentarci se poi la cosiddetta società civile, è così poco civile, è così incapace di costruire un tessuto sociale ad alta qualità di vita, se poi si rivela così fragile politicamente.

Il punto sta nel non dare per scontato che la qualità della vita dipenda esclusivamente dallo sviluppo economico produttivo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

I bisogni di educazione permanente e la coscienza della meta-educazione

 

Il rapporto Censis 96, servendosi di un'indagine Eurobarometro, analizza il bisogno di meta-educazione, confronta questo bisogno tra gli stati europei, valuta il valore della cultura e della formazione in rapporto ad altri......

L'Italia, per quanto riguarda i corsi di formazione frequentati, risulta terzultima in Europa, dietro solo Portogallo e Grecia.

Fonte Censis, 30° rapporto

 

 

 

 

 

Solo il 12% di italiani dichiara di aver frequentato corsi di formazione nell'ultimo anno mentre in Danimarca la percentuale sale al 45%, il gap è enorme ! Come dire che un danese un anno si e un anno no vive dei momenti educativi mentre agli italiani questo succede ogni otto anni. E' possibile con questa cadenza reggere l'attuale ritmo di sviluppo tecnico scientifico, l'innovazione dei processi produttivi.

Quante nuove marginalità si stanno creando in queste condizioni? E' conveniente per tutta la società escludere sempre maggiori aree dal protagonismo culturale, sociale e politico?

Fonte CENSIS, 30° rapporto

 

Intanto, sempre la stessa indagine ci dice che il 65 % degli italiani vuole continuare ad apprendere per tutta la vita. C'è, quindi, una grande domanda di long life learning ma non c'è ancora coscienza del valore della cultura e della educazione per la crescita del Paese, infatti :

 

percentuale di italiani che ritengono la cultura e l'educazione virtù indispensabili per la crescita del paese, secondo il titolo di studio

titolo di studio

cultura

educazione

nessun titolo

0,0

0,6

licenza elementare

3,7

10,4

licenza media

5,7

8,2

diploma scuola media superiore

6,2

4,9

laurea

8,5

4,7

totale

5,7

6,8

 

Solo il 5,7% degli italiani ritiene la cultura virtù indispensabile per la crescita del paese, si sale al 6,8% per l'educazione.

Il CENSIS interpreta questi dati così: c'è l'idea di apprendimento per tutta la vita ma manca il concetto di educazione come motore dei processi di cambiamento e di fattore di sviluppo. Questa conclusione riceve conferma dal fatto che solo il 17,6% dei cittadini ritiene che si debba investire risorse per la scuola ( il 16,2% per la ricerca scientifica)

In realtà sempre il Censis ritiene che in Italia, causa lo sviluppo accelerato che ha vissuto, non si sia diffusa una sensibilità al cambiamento , cioè c'è assenza di meta-educazione, ovvero un'educazione all'educazione che consenta di attribuire giusto valore di mercato ai processi di qualificazione del capitale umano.

Quindi in Italia si sottovaluta il valore dell'educazione in generale e dell'educazione permanente in particolare.

Non c'è da meravigliarsi se non si riescono a fare riforme scolastiche, manca la tenuta di fondo, c'è una coscienza di base troppo fragile per sopportare processi come il riordino dei cicli scolastici che necessitano di investimenti di ingenti risorse e i cui risultati si vedono solo dopo molti anni.

 

Eppure bisogna partire da quel 65% di italiani che vogliono educarsi per tutta la vita, bisogna realizzare una campagna di promozione culturale che dia forza al valore dell'educazione, che trasformi il desiderio in un progetto che rende possibile la sua realizzazione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L'avvento della rete

 

In questo contesto il ruolo della rete è potenzialmente enorme :

- come strumento di supporto alla scuola in quanto tale

- come strumento che costringe la scuola a ripensarsi e a ricollocarsi nei propri fini e modalità di esistere

- come strumento di formazione permanente.

Però tutto questo non nascerà spontaneamente sotto la spinta del mercato.

Noi stiamo vivendo ancora una fase pionieristica anche se gli orizzonti di approdo si intravedono più chiaramente

Abbiamo il compito di esplorare e creare tutte le opportunità che questo strumento può dare. E fino adesso è quanto si fa nelle discussioni in rete, nei convegni come questo. Siamo presi dal vortice innovativo inarrestabile, le modifiche degli scenari che si prospettano assorbono gran parte delle nostre energie e ci rimane ben poco per fare analisi critiche di quanto avviene.

Sarebbe un errore non occuparsi dell'analisi critica e abbracciare fideisticamente la positività dell'avvento delle reti interattive.

Per esempio, dovremmo riprendere in mano gli atti del convegno di Venezia e confrontare quanto lì si affermava con quanto è accaduto in quest'anno.

Si potrebbe creare un appuntamento annuale che si caratterizza come il riferimento nazionale, ma anche internazionale, della relazione reti/educazioni. Lo stesso premio qui costituito dovrebbe diventare uno strumento di analisi critica e di indirizzo.

 

Quali sono i soggetti erogatori di formazione permanente in rete ?

Sostanzialmente:

 

Cosa propongono :

 

Cosa presentano in chiaro on line

Tutti presentano l'elenco dei corsi, le caratteristiche di partecipazione, le informazioni generali per l'iscrizione.

Alcuni presentano le caratteristiche dettagliate dei corsi come il programma dei lavori, il set di dotazione personale, la struttura dell'aula virtuale, ecc.. Raramente sono presenti i costi.

In genere dopo la presentazione dei corsi si propone al visitatore di richiedere ulteriori informazioni tramite posta elettronica o via fax.

Tutti questi corsi sono a pagamento.

Poi ci sono autori che comprano spazio web ed espongono materiali anche molto utili per scopi educativi, ma non si può parlare, in questi casi, di corsi strutturati, si tratta di materiali frammentari ed occasionali.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Conclusione

I materiali presenti sono rivolti ad un target culturale alto.

Solo nel caso di corsi per la navigazione, l'html, ecc.. si può parlare di corsi anche per livelli culturali medi.

La rete non si sta occupando ne' di educazione di base, ne' di formazione permanente media e questo perché

risponde al taget dell'attuale utenza.

I corsi sono quasi sempre a pagamento, in Italia si potrebbero numerare sulle dita di una mano i corsi gratuiti.

Alle differenze di opportunità educative preesistenti nella società la rete ne sta aggiungendo di proprie.

Ci sono le divisioni tra chi è in rete e chi non c'è, ci sono di quelli che possono utilizzare velocità di trasmissione e quindi qualità delle informazioni diverse, infine ci sono le differenze di accesso costituite dal costo delle password che alcuni possono permettersi ed altri no.

Non si sta costruendo una rete delle pari opportunità, si sta realizzando uno strumento molto simile agli altri, gratuità degli accessi ai prodotti che si pagano veicolando pubblicità e accesso a pagamento di prodotti di alta qualità.

In che cosa consiste allora l'orizzontalità della rete ?

Si può affermare che la rete è strumento di un nuovo livello di democrazia?

D'altra parte perché e come potrebbe un soggetto privato investire risorse economiche senza prevedere un profitto ?

 

In questo paese c'è bisogno di un grande investimento primario per creare una coscienza diffusa del grande valore che assume nello sviluppo individuale e collettivo la formazione di base, professionale e permanente. E' necessario far crescere la sensibilità verso la meta-educazione e innalzare il valore di mercato in modo che si possano creare i presupposti per investimenti di risorse nell'educazione.

In secondo luogo c'è da fare la riforma scolastica

In terzo luogo c'è bisogna di moltiplicare i soggetti erogatori di formazione incentivando la loro nascita e il loro sviluppo permettendo ai singoli cittadini, alle imprese di indirizzare una parte dei tributi verso iniziative a scopo educativo.

 

Ritornando alle domande iniziali, educazione permanente per quali fini, per chi e con quali mezzi, ritengo che si debba:

Sostituire il vecchio fine dell'educazione per tutti con l'educazione per tutta la vita, per tutti i livelli culturali, per tutti i ceti sociali.

Riprendere alcune idee che diedero luogo alle 150 ore, per esempio prevedere per tutti i lavoratori e non solo per una piccolissima percentuale, una quota orario annuale di lavoro riservata all'educazione, un'educazione dove il soggetto sceglie liberamente le finalità, i luoghi e i mezzi per realizzarla. La struttura pubblica, dallo stato alle autonomie, deve garantire l'accesso gratuito a strumenti che permettono la realizzazione dell'educazione di base permanente.

Per quanto riguarda i mezzi, è indubbio che le reti interattive sono le più idonee per le loro caratteristiche strutturali, per la possibilità di operare azzerando gli spazi e personalizzando i tempi, per la loro economicità.