Il lavoro svolto in Riabilitazione Equestre è, e deve essere, necessariamente un lavoro di èquipe, di squadra, data la vasta gamma di aree con cui essa interagisce. Tuttavia, grazie proprio a questa interdisciplinarietà è possibile, in un certo qual modo, inquadrare un "profilo" dell'Operatore in Ippoterapia. Un operatore che, se da un lato, manifesta un saper specifico e, apparentemente, abbandona la sfera del gruppo di lavoro, dall'altra, riassume, organizza ed integra saperi provenienti dalla propria formazione di base e da quella dei suoi collaboratori.
Per cui la figura dell'Ippoterapista, analizzando l'aspetto più inerente al cavallo può essere considerato come un esperto dell'Arte dell'Equitazione, che gestisce in piena autonomia il cavallo, conosce i fondamenti e le basi di questa attività sportiva, che è in grado di soddisfare ogni curiosità dei ragazzi relativa all'animale e allo sport ad esso correlato. E' un esperto di Ippologia, ossia della psicologia del cavallo. Non considerandolo una macchina, ma bensì un essere vivente con un proprio carattere, un proprio temperamento, capace di ricordi, di compiere associazioni mentali legate ai ricordi, dimostra di capirne e rispettarne i tempi ma soprattutto le esigenze. Di conseguenza, per il cavallo, il migliore alleato, in una pratica tanto delicata quanto complessa, non può non essere che un uomo che conosca il suo linguaggio e il codice attraverso il quale comunica ogni uno stato d'animo (gioia, curiosità, noia, stanchezza, rabbia, preoccupazione, paura, dolore), e che sappia interpretarlo per prevederne le reazioni. In realtà l'operatore utilizza l'animale, elemento chiave di tutto il processo rieducativo, secondo quattro diversi approcci.
1) In qualità di strumento meccanico, dotato di ritmicità, di oscillazione e corporeità che permette un primo approccio nella conoscenza e appropriazione del proprio corpo;
2) In qualità di strumento pedagogico, per l'acquisizione e rispetto di regole di comportamento e di mediazione tra la realtà interiore ed esteriore;
3) Come manifestazione di una realtà sociale, attraverso il lavoro di gruppo per l'organizzazione dello spazio e del tempo, mediante l'esecuzione di esercizi, e figure equestri con più cavalli e cavalieri; e infine
4) Come metodo di reinserimento, nei casi non gravissimi, attraverso lo sport agonistico, dove si necessita un certo contenimento dello stress e dell'aggressività, e negli altri casi, attraverso l'attività motoria, come organizzazione spazio-temporale più organizzata.
Analizzando a questo punto gli aspetti più medici o comunque inerenti al cavaliere, l'operatore deve avere inoltre conoscenze di Psicologia, Psicopatologia indispensabili per la gestione di situazioni particolarmente pesanti e psichicamente coinvolgenti che interessano sia il rapporto operatore-bambino, sia quello tra operatore e famiglie.
Inoltre deve avere nozioni di Neuropsichiatria, questo perchè durante la seduta il soggetto è sottoposto ad un vero bombardamento di informazioni che risulterebbe oltremodo stressante se l'ambiente ludico non ne alleggerisse la tensione. Le nuove conoscenze, gli stimoli arrivano, tutte, in modo concomitante e forniscono input specifici a livello midollare, del cervelletto e della corteccia, esplicando quindi effetti sui riflessi, sugli automatismi e sull'intenzionalità. E' importante conoscere, nell'elaborazione di qualsiasi progetto riabilitativo incentrato sul corpo, capire come, dal movimento inconsapevole ed involontario, passando dal desiderio e dall'espressione della volontà, si possa arrivare al gesto finalizzato e consapevole.
Un altro aspetto da non sottovalutare è la Fisioterapia, in quanto lo scopo terapeutico sottende sempre l'utilizzo e la canalizzazione di tutte le stimolazioni. Con l'attività a cavallo vengono sollecitate, infatti, le risposte involontarie ed automatiche che utilizzate in modo funzionale bilanciano e compensano il deficit sia con l'impegno neuro motorio che delle masse muscolari.
Da questo quadro generale si comprende bene la complessità e le difficoltà di tale professione sia sul paino pratico che teorico. Ecco perchè si confida in chi intraprenderà questo cammino, e che di conseguenza la scelta compiuta verso questo settore sia in funzione delle propria umanità, sensibilità e amore per la natura, per i bambini e i ragazzi, tutti, con una particolare attenzione a chi ha delle difficoltà.
Sica G. e Papini P., 1998, Sviluppare il saper essere in emergenza: formare per affrontare organizzativamente il rischio, La sfida dei grandi rischi alla soglia del nuovo millennio, vol. 1, pp. 40-, Firenze.